Paul Klee, La macchina cinguettante, 1922 olio e acquerello su carta con acquerello e inchiostro su cartoncino.

Paul Klee, La macchina cinguettante, 1922
olio e acquerello su carta con acquerello e inchiostro su cartoncino.

Nel saggio La confessione creatrice del 1920, Paul Klee scrisse: “Una volta si rappresentavano cose che si potevano osservare sulla terra, che si vedevano volentieri. Ora si manifesta la realtà delle cose visibili e con questo si esprime il fatto che ciò che è visibile, in rapporto all’universo, è solo un esempio isolato e che altre verità sono solo latenti e innumerevoli.

Le cose appaiono in senso lato e molteplice e spesso si contraddicono le esperienze razionali del passato. Si tende ad una decomposizione di ciò che è casuale.” Nelle sue opere Klee vuole rappresentare la realtà con una concezione astratta, come se le sue forme andassero a scomporsi per poi ritrovarsi attraverso il colore.Agli inizi del 1900 Peter, conobbe, durante un viaggio a Parigi, Robert Delaunay, pittore simultaneo-cubista, e alla scoperta delle sue ricerche sul colore e la luce ne fu estasiato e molto influenzato.

Paul Klee - Porta nel giardino (Gate in the Garden), 1926. Olio su cartone

Paul Klee – Porta nel giardino (Gate in the Garden), 1926.
Olio su cartone

 

 

Ancor più decisivo fu il suo soggiorno a Tunisi, a seguito del quale lo stesso Klee affermò di essersi pienamente impadronito del colore e iniziò a prediligere nelle proprie opere le tonalità calde, tipiche di questa area geografica. Nello stesso anno scrisse: “Questo è il momento più felice della mia vita….il colore e io siamo una cosa sola: sono pittore”.
Non a caso i suoi studi sul colore attingono alle teorie di Delacroix, Goethe, Kandinsky e Delaunay, dalle quali Klee prende le mosse per concentrarsi sul movimento in accordo con i colori. È chiara l’idea che il disegno costituisca il nucleo dell’espressione concettuale e che il colore ne sia l’anima irrazionale. Si arriva così alla definizione di “ ritmo circolare del colore”, o al concetto di “disco cromatico”, dove la circonferenza è divisa in sei segmenti che segnano le principali relazioni cromatiche.
Nei suoi Diari ci dice: “superfici formate da linee che entrano in rapporto vicendevole”, ed è proprio attraverso il colore che queste distanti linee si incontrano. A proposito della produzione grafica di Klee e della sua inesausta ricerca,  quale si manifesta anche attraverso la scelta dei supporti, che vanno dalla tradizionale tela alla carta di giornale, alla juta, a cartoncini di ogni qualità e spessore, occorre tener presente anche  la maggior parte dei suoi disegni che sono prodotti su tradizionali carte adattate al formato A4, mentre nelle opere tardive utilizzava prevalentemente una carta da lettere “telata” oltre a fogli di minuta e carte giapponesi che fin dai primi disegni ha utilizzato.

Paul Klee - Kindheit, 1938 Kleisterfarbe su carta su cartone, Berna - Zenztrum

Paul Klee – Kindheit, 1938
Kleisterfarbe su carta su cartone, Berna – Zenztrum

Per i suoi disegni Klee adoperò matite, penne ed inchiostri e dei Kleisferfarbe, lunghi pennelli intinti con colore nero, ma fra tutti gli strumenti a sua disposizione egli amava disegnare con le “Zulu”, delle particolari matite a carbone che come le “Pitt” lasciavano apparire un tratto più marcato. I disegni dell’ultimo Klee si contrappongono per autonomia ai suoi quadri, e lui stesso nota quanto si caratterizzino rispetto all’impronta cromatica vivente dei suoi dipinti, soprattutto per il largo uso del carboncino. Le linee non sono sottilmente snodate sul foglio, ma ne prendono decisamente il pieno possesso.

 

É arduo parlare di realtà nel caso di Klee: la sua pittura scaturisce dalla sua immaginazione come analisi del reale, dei sentimenti, delle sensazioni che gli presentano il grande quesito della sua presenza al mondo, immagini che prendono forma generando la pace della risolta confutazione interiore.

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