Oggi 08 giugno 2016, presso le prestigiose stanze della galleria Robilant+Voena di Milano in via Fontana, si terrà l’inaugurazione della prima personale di Paolo Manazza, il poliedrico pittore, giornalista, intellettuale e critico d’arte. Paolo Manazza racconta ad Alan Jones: Un quadro è finito quando lo dice lui, anche con delle parti che rimangono apparentemente aperte. Fermarsi al momento giusto significa in sostanza cristallizzare l’immagine e la composizione cromatica in un momento in cui è in grado di proiettare la massima intensità dell’energia formale.
Ossia dare spazio a quella forma che apre le porte dell’invisibile. Ciò che voglio dire è che la misteriosa, inafferrabile qualità di ogni opera (quale che sia il suo contenuto, astratto o figurativo) è una qualità allusa da parole e termini vaghi come lirico o sublime. Come giustamente diceva De Kooning lo scopo della pittura è principalmente catturare il nulla di un quadro, ‘la parte che non è raffigurata ma che è lì per via degli elementi che vi sono dipinti. Sì, credo sia proprio così.”
Le opere di Paolo Manazza - osserva Alan Jones nel catalogo della mostra – sono distillate da un ceppo per molti anni rinnegato. Sono prodotte con criteri altamente raffinati che sfuggono la ‘raffinatezza – nel senso peggiorativo del termine – ossia tutti quegli ingredienti retorici di moda e di appropriazione, reificazione, e riproduttività fotografica. Ogni dipinto - prosegue – è un soliloquio un dialogo tra lartista e il proprio sé, come le due parti di Bach, una traduzione simultanea nella lingua della pittura dove la composizione è la grammatica, e il colore è il vocabolario.
Lasciamoci trasportare dalle sue coloratissime spatolate di olio, lo scopo dell’operato di Paolo Manazza è entrare in un sentimento e prendere il volo, e il gioco inizia con l’osservazione, per arrivare alla pittura come mezzo primario.
Tornare alla pittura, per toccare con mano le proprie emozioni e per stenderle a seconda della ragion servente, lavorando sul colore e sulle varie sovrapposizioni dell’olio interpretando la realtà cromaticamente, trovando così l’unico possibile modo di vedere il mondo sia interno che apparente.
In occasione della mostra la galleria Robilant+Voena ha pubbliato un catalogo di cento pagine con un saggio di Alan Jones e i contributi critici di Giandomenico Di Marzio e Massimo Mattioli.