TIEPOLO Frontespizio
Tiepolo, Giandomenico – (Venezia 1726 – 1804)

VIA CRUCIS, 1748 -1749 –
Serie completa ed omogenea di 15 acqueforti (14 tavole e 1 frontespizio) –
mm  209×185 ca. ciascuna –
De Vesme, 34-49. Rizzi (1970), 38-53. Rizzi (1971), 39-54.

La prima serie incisa da Giandomenico, tratta dalle stazioni dipinte eseguite per l’Oratorio del Crocifisso nella Chiesa di San Polo a Venezia intorno al 1747. Il frontespizio è nel I stato su 5, dunque tutta la serie è nella prima edizione del 1749. Tutte le altre tavole nello stato unico.
Ottime impressioni coeve stampate con segno estremamente pieno e brillante su carta vergellata. Sottile margine oltre l’impronta della lastra, talvolta rifilate sull’impronta, tracce sporadiche di foxing, per il resto ottima conservazione.

La Via Crucis, composta di quindici rami ovvero quattordici stazioni precedute dal frontespizio, è tra le prime opere incise da Giandomenico e traduce in controparte all’acquaforte la serie omonima di dipinti eseguiti nel 1747 per l’oratorio del Crocifisso della Chiesa di San Polo in Venezia su committenza del parroco Bartolomeo Carminati. I rami furono incisi a partire dal 1748 e pubblicati nel 1749 come recita la scritta del frontespizio, unico foglio in cui compare il nome dell’autore. All’epoca in cui Giandomenico attendeva a questa sua opera da breve tempo l’autorità ecclesiastica aveva stabilito il numero definitivo delle Stazioni e l’episodio in ciascuna ricordato, e solo nel 1742 Benedetto XIV aveva imposto questa nuova devozione esortando i parroci “ad arricchire le loro chiese di un così grande tesoro)”. La Via Crucis di S. Polo è la prima in assoluto eseguita a Venezia, quindi Giandomenico si trovò di fronte a un’impresa del tutto inedita, realizzata all’età di poco più di vent’anni.
Il giovane Giandomenico, svolge il suo compito in modo nuovo, come se egli stesso si fosse unito alla folla che accompagna il condannato, conferendo alle scene un ritmo narrativo serrato e descrivendo con inquadrature quasi “fotografiche” una folla pittoresca di spettatori acconciati modernamente o in travestimenti esotici, figure “veneziane” che predominano sulle altre sebbene di fatto estranee al racconto. In ogni scena perno della composizione è comunque sempre la figura spoglia e sofferente del Cristo, che contrasta con l’opulenza degli abiti degli astanti e l’opera corrisponde con efficacia al proposito di esprimere un sentimento religioso “moderno”, patetico e intimo.

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