Giuseppe Piva. Arte e tradizioni giapponesi in scena a WopArt

Meraviglie di carta di antichissime tradizioni giapponesi. Fra le proposte di Giuseppe Piva: Maio Motoko. L’artista iniziò la sua carriera come montatrice di rotoli tradizionali, in seguito ad una ricerca di espressione individuale ottenne la padronanza del processo di creazione dei pannelli giapponesi. Il suo lavoro vuole restare fedele alla funzione tradizionale del paravento nella sua capacità di manipolare lo spazio fisico. Al di là di ciò, il suo tentativo è di mettere in relazione la forma tradizionale degli interni ai tempi moderni, con la ri-creazione della doppia cerniera e le dimensioni differenziali uniche delle singole pieghe dei pannelli. Ciò consente una flessibilità della forma e una manipolazione dello spazio fisico che supera l’intenzione originale della forma tradizionale.

Bambù - Maio Motoko (1948) - 183 x 510 cm Paravento a tredici ante Carta washi  e pigmenti 

Bambù – Maio Motoko (1948) – 183 x 510 cm Paravento a tredici ante Carta washi  e pigmenti

La galleria di Giuseppe Piva di Milano espone le creazioni di Motoko, attraverso le quali l’artista ha completamente rivoluzionato la tradizione dei paraventi giapponesi: pur mantenendo le caratteristiche tradizionali nella costruzione, l’uso della carta e di vecchi tessuti, la creazione della struttura a tredici ante decrescenti, hanno reso queste opere davvero uniche, caratterizzate dalla armonica convivenza tra tradizione e innovazione.

Come questa grande artista, Piva ci proporrà altre opere di decoro giapponese provenienti dall’antichissima scuola di pittura Rimpa, e pannelli provenienti dalla scuola Kano, le cui opere rimaste sono considerate tesori nazionali, dato che la maggior parte dei suoi lavori è andata persa durante i tumulti del periodo Sengoku.

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Scuola Rimpa Fiori e piante delle quattro stagioni Fine XIX secolo 138 x 304 cm   Coppia di paraventi a sei ante, ognuno 138 x 304 cm Inchiostro, pigmenti e oro su carta; Sigilli dell'artista in inchiostro rosso

Scuola Rimpa
Fiori e piante delle quattro stagioni
Fine XIX secolo
138 x 304 cm
 
Coppia di paraventi a sei ante, ognuno 138 x 304 cm
Inchiostro, pigmenti e oro su carta;
Sigilli dell’artista in inchiostro rosso

Composizioni come “Fiori e piante delle quattro stagioni” prendono il nome di hyakkazu, letteralmente “moltitudine di fiori”. Questa complessa disposizione di mazzi e cespugli floreali si sviluppò verso la metà del diciassettesimo secolo e divenne una specialità dello studio di Tawaraya Sôtatsu, il fondatore della scuola Rimpa, attivo dal 1600 al 1642. Altri atelier di pittura diretti dai discepoli di Sôtatsu continuarono ad esistere fino alla fine del diciassettesimo secolo ma l’identità di tali artisti rimane ancora oggi un mistero. La rappresentazione dei fiori è stilizzata e naturalistica allo stesso tempo, e non solamente per l’attenzione alla descrizione dei singoli dettagli delle circa 30 specie rappresentate, ma anche per la disposizione generale delle piante.

Paesaggio primaverile con fagiani Scuola Kano, XVIII secolo Metà del periodo Edo (16151867) Paravento a sei ante Inchiostro, pigmenti e gufun su fondo oro, 182 x  376 cm

Paesaggio primaverile con fagiani
Scuola Kano, XVIII secolo
Metà del periodo Edo (16151867)
Paravento a sei ante
Inchiostro, pigmenti e gufun su fondo oro, 182 x  376 cm

O ancora il meraviglioso paravento “Paesaggio primaverile con fagiani”, che raffigura un lussureggiante paesaggio naturale con una ricca varietà di fiori che spiccano tra rocce e nuvole dorate: iris, giunchi, peonie, crisantemi ed un ciliegio in fiore che funge da cornice ad un elegante fagiano maschio rappresentato chinato al centro della composizione. Lì vicino, la femmina fa capolino da dietro dei bambù, mentre una coppia di gru si nasconde dietro a un cespuglio di iris ed un altro esemplare sorvola la scena. Il ciliegio in fiore e il ruscello rigoglioso suggeriscono che la scena è ambientata nel pieno della primavera. Il soggetto e la composizione suggeriscono che si tratti di un’opera di un artista Kano del ramo di Kyoto.

Lugano – Work On Paper ART fair, 2016

    21 Jul 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

29 Arts in Progress a WopArt Fair con Gian Paolo Barbieri

Jill Kellington, Vogue France, Port Sudan for Missoni 1974 - 3/15 - 90x90 cm - Special Edition for WopArt fair 2016

Jill Kellington, Vogue France, Port Sudan for Missoni 1974 – 3/15 – 90×90 cm – Special Edition for WopArt fair 2016

WopArt 2016 è la prima fiera completamente focalizzata sulle opere d’arte su carta, senza limiti d’epoca né di stile. Oggi vi racconteremo della 29Arts in Progress Ltd, galleria d’arte contemporanea che opera nella produzione, organizzazione e implemento di esibizioni temporanee e permanenti di opere con valori artistici e culturali a grande impatto.

Nella galleria londinese sono ospitati molti dei nuovi emergenti fotografi dei nostri tempi: Aaron Baghetti, Paolo Anselmo, Natalie Silva e tanti altri. Sarà presente in fiera con i celebri scatti del fashion fotografo Gian Paolo Barbieri, collaboratore di molte importanti riviste e case di moda.

Gian Paolo Barbieri, Audrey Hepburn, 1969 - Media Vintage Silver Gelatin Photograph, 1969, Signed, titled, and numbered on verso - Edition 1_5 - Dimensions 30x40cm

Gian Paolo Barbieri, Audrey Hepburn, 1969 – Media Vintage Silver Gelatin Photograph, 1969, Signed, titled, and numbered on verso – Edition 1_5 – Dimensions 30x40cm

Questo grande fotografo è l’artefice degli scatti all’interno del set del felliniano cult “La vita è bella”, e ha collaborato attivamente alla produzione delle copertine di Vogue magazine per molti anni. Ha collaborato inoltre nella moda, dove le acquisite competenze in materia di tessuti trasmesse dai genitori hanno avuto un ruolo decisivo sulle sue abilità fotografiche.

Gian Paolo Barbieri, Manta, Seychelles, 1998 - Polaroid Type 55 Positive - Dimensions 10,5x13 cm - Unique Piece

Gian Paolo Barbieri, Manta, Seychelles, 1998 – Polaroid Type 55 Positive – Dimensions 10,5×13 cm – Unique Piece

Dal suo racconto di sé possiamo affermare che come per altri grandi, Armani per esempio, il teatro ha esercitato un potente fascino sulla sua fantasia, tanto da farlo iscrivere alla scuola dei Filodrammatici. Insieme a due amici formò “Il Trio” e nella casa dei genitori rappresentavano dei drammi sentimentali: “Letto matrimoniale”, “La Traviata”, “Un tram chiamato desiderio”. In seguito gli venne affidata una piccola parte non parlata in ”Medea” di Luchino Visconti, con Sara Ferrati e Memo Benassi. Diventò attore, operatore e costumista insieme al suo “Il Trio” nel rifacimento di alcune parti di famosi film come: La via del tabacco, La vita di Toulouse Lautrec e Viale del tramonto.

Artista poliedrico e grande fotografo, non perdetevi i suoi emozionanti scatti questo settembre a Lugano.

Per curiosità sulla galleria e sull’artista Gian Paolo Barbieri visitate la pagina ufficiale seguendo il link 29ArtsInProgress.
    13 Jul 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

L’avanguardia surrealista di Escher a Palazzo Reale

Escher - Rebus 10

Escher – Rebus 10

Le opere grafiche di Escher sono celebri per l’uso fantasmagorico degli effetti ottici. Il campionario sviluppato da lui contempla le sorprese più spettacolari che vanno da illusionistici paesaggi, prospettive invertite, costruzioni geometriche minuziosamente disegnate e altro ancora, frutto della sua inesauribile vena fantastica, che incantano e sconcertano dando un ordinato appagamento alla vista. Nelle opere di Escher l’ambiguità visiva diventa ambiguità di significato, con la conseguenza che i concetti di positivo e negativo, corretto e scorretto sono intercambiabili. Traspaiono dall’opera e dalle invenzioni di questo artista i suoi molteplici interessi e le variegate fonti di ispirazione, dalla psicologia alla matematica, dalla poesia alla fantascienza.

Escher - Mobius Strip II

Escher – Mobius Strip II

Tra i suoi più grandi estimatori non c’erano però solo critici, artisti e appassionati d’arte, ma anche logici, fisici e matematici che vedevano nelle sue opere la rappresentazione di importanti principi della matematica e della geometria. Un risultato straordinario se si considera che Escher non era andato oltre l’istruzione matematica formale della scuola secondaria. Le implicazioni logiche, matematiche, geometriche e fisiche sono piuttosto variegate nel suo operato, basti osservare le mani che si disegnano, o i processi ricorsivi, quali l’Effetto Droste collegato a particolari montaggi di rotazione del piano, a volte collegate a questioni topologiche come la percorrenza di una superficie bidimensionale che si estende in uno spazio tridimensionale come il Nastro di Mobius. L’infinito derivante da un sentimento che va ad associarsi con le questioni matematiche, antecedenti alle geometrie frattali a sviluppo infinito, od il moto perpetuo e ancora i dischi di Poincarè. Escher spazia dimensionalmente con la fantasia, riesce a creare piani diversi che si incontrano, come in “rettili”, dove piccoli animali preistorici escono dal mondo bidimensionale di un libro, per poi farvi ritorno.

Escher - Rettili - Mott The Hoople (1969)

Escher – Rettili – Mott The Hoople (1969)

Prendendo avvio dalle radici Liberty della sua produzione, la mostra di Milano si sofferma sulle varie tappe della cultura figurativa, navigando gli aspetti impossibili delle sue bizzarre opere, ispirate alle architetture moresche e italiane e allo stesso tempo debitrici alla scienza e alla matematica ma specialmente alle avanguardie storiche europee a lui contemporanee. Con un’esposizione di oltre 200 opere, la mostra di Escher a Milano si profila come una delle mostre monografiche più complete e intriganti della stagione culturale milanese, con importanti prestiti e capolavori che ben illustrano il successo internazionale di Escher e della sua grafica.

ESCHER a Palazzo Reale dal 24.06.2016 al 22.01.2017

per info e costi visita palazzorealemilano.it

 

    27 Jun 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

“Untitled” colors, dall’anima di Paolo Manazza

Paolo Manazza - Project for Rumi's Portait, 2016, oil and enamels on canvas 97x113 cm

Paolo Manazza – Project for Rumi’s Portait, 2016, oil and enamels on canvas 97×113 cm

 

Oggi 08 giugno 2016, presso le prestigiose stanze della galleria Robilant+Voena di Milano in via Fontana, si terrà l’inaugurazione della prima personale di Paolo Manazza, il poliedrico pittore, giornalista, intellettuale e critico d’arte. Paolo Manazza racconta ad Alan Jones: “Un quadro è finito quando lo dice lui, anche con delle parti che rimangono apparentemente aperte. Fermarsi al momento giusto significa in sostanza cristallizzare l’’immagine e la composizione cromatica in un momento in cui è in grado di proiettare la massima intensità dell’’energia formale.

 

Untitled - About your daimons - 50x70 oil on canvas, 2015

Untitled – About your daimons – 50×70
oil on canvas, 2015

Ossia dare spazio a quella forma che apre le porte dell’’invisibile. Ciò che voglio dire è che la misteriosa, inafferrabile qualità di ogni opera (quale che sia il suo contenuto, astratto o figurativo) è una qualità allusa da parole e termini vaghi come lirico o sublime. Come giustamente diceva De Kooning lo scopo della pittura è principalmente catturare il nulla di un quadro, ‘la parte che non è raffigurata ma che è lì per via degli elementi che vi sono dipinti’. Sì, credo sia proprio così.”

Le opere di Paolo Manazza –- osserva Alan Jones nel catalogo della mostra – sono distillate da un ceppo per molti anni rinnegato. Sono prodotte con criteri altamente raffinati che sfuggono la ‘raffinatezza’ – nel senso peggiorativo del termine – ossia tutti quegli ingredienti retorici di moda e di appropriazione, reificazione, e riproduttività fotografica. Ogni dipinto –- prosegue – è un soliloquio un dialogo tra l’artista e il proprio sé, come le due parti di Bach, una traduzione simultanea nella lingua della pittura dove la ‘composizione’ è la grammatica, e il colore è il vocabolario”.

Paolo Manazza - Playing the Piano, 2013-2014, oil on canvas 90x110 cm

Paolo Manazza – Playing the Piano, 2013-2014, oil on canvas 90×110 cm

Lasciamoci trasportare dalle sue coloratissime spatolate di olio, lo scopo dell’operato di Paolo Manazza è entrare in un sentimento e prendere il volo, e il gioco inizia con l’osservazione, per arrivare alla pittura come mezzo primario.
Tornare alla pittura, per toccare con mano le proprie emozioni e per stenderle a seconda della ragion servente, lavorando sul colore e sulle varie sovrapposizioni dell’olio interpretando la realtà cromaticamente, trovando così l’unico possibile modo di vedere il mondo sia interno che apparente.
In occasione della mostra la galleria Robilant+Voena ha pubbliato un catalogo di cento pagine con un saggio di Alan Jones e i contributi critici di Giandomenico Di Marzio e Massimo Mattioli.

UNTITLED – Paolo Manazza
Inaugurazione Mercoledì 8 giugno dalle ore 18

Dal 08 Giugno 2016 al 08 Luglio 2016
MILANO – Galleria Robilant+Voena
LUOGO: Via Fontana, 16
TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 02 805 6179
E-MAIL INFO: info@robilantvoena.com

    08 Jun 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto
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