I “cut out” di Matisse – come scolpire il colore

Matisse - Thousand and one nights print - Tate Gallery London

Ritagliare direttamente nel colore mi ricorda il lavoro dello scultore nella pietra.
H. Matisse

Nel 1941 Matisse è stato diagnosticato un cancro e, dopo un intervento chirurgico, ha iniziato ad usare una sedia a rotelle. Tuttavia la straordinaria creatività di Matisse non è rimasta inibita per molto tempo. ” Une seconde vie”, una seconda vita, è stato quello che ha definito gli ultimi quattordici anni della sua vita. A seguito di una operazione ha inaspettatamente trovato delle energie rinnovate e la bella assistente di origine russa, Lydia Delectorskaya, a fargli compagnia.matisse_drawing

Vasto in scala (anche se non sempre in termini di dimensioni), lussureggiante e rigoroso a colori, i suoi ritagli sono tra le opere più ammirate e influenti di tutta la carriera di Matisse. Essi appartengono ai più grandi affermazioni del slancio vitale nell’arte occidentale.

Questa nuova prospettiva di vita, forse affrettata dalla sua allora emergente limitatezza, lo portò ad una fenomenale esplosione di espressione, il culmine di mezzo secolo di lavoro, un radicale rinnovamento che gli ha reso possibile creare quello per cui aveva sempre lottato: “Ho bisogno di tutto questo tempo per raggiungere la fase in cui posso dire quello che voglio dire.” Con l’aiuto di Lydia Delectorskaya e assistenti si accinse a creare collage di carta tagliata, spesso su scala enorme, chiamati Gouaches Découpés. Fendendo fogli di carta con delle forbici ha inaugurato una nuova fase della sua carriera.

Markova in her pure white Nightingale costume by Matisse

Markova in her pure white Nightingale costume by Matisse

Per Matisse il taglio non era certo una novità; era già insita in lui la natura di generazioni discendenti da famiglie di tessitori; ha avuto un apprezzamento naturale della consistenza e del design. Sapeva come usare perni e modelli di carta, ed era estremamente fiducioso con le forbici. Ma il ritaglio non è stata una rinuncia alla pittura o alla scultura: lo chiamò “la.” Matisse ha detto: “Solo quello che ho creato dopo la malattia costituisce il mio vero io: Libero, liberato”. Inoltre, la sperimentazione con ritagli offrì a Matisse innumerevoli opportunità di costruzione di un nuovo ambiente esteticamente gradevole:

The beasts of the sea, 1950

The beasts of the sea, 1950

“Vedi come sono costretto a rimanere spesso a letto a causa del mio stato di salute, mi sono creato un po ‘di giardino tutto intorno a dove posso camminare … Ci sono foglie, frutti, un uccello. “

Matisse generalmente ritagliava le forme a mano libera con un piccolo paio di forbici, risparmiando i pezzi di carta dell’oggetto ritagliato. Con l’aiuto di Lydia Delectorskaya avrebbe riorganizzato i ritagli colorati fino a quando non sentiva completamente soddisfatto del risultato. Ci sono voluti due anni per completare i venti collages e, dopo anni di tentativi ed errori trovarono un metodo pratico e appropriato per portare i collage alla vita come opere bidimensionali.

Matisse era chiaramente sensibile alla natura particolarmente fisica di questi lavori: mentre erano in corso li lasciava inchiodati al muro dove avrebbero leggermente tremato alla minima brezza. Questo appunto d’immagini alla parete ha iniziato il secondo dei due processi che hanno prodotto i ritagli: l’organizzazione decorativa dei segni preformati. Questo era di gran lunga un processo più lungo e deliberativo rispetto al primo; a volte è durato diversi mesi, e anche da un intero anno per le opere più grandi. Matisse avrebbe cambiato la posizione delle immagini, aggiungendone altre, a volte modificando quelle esistenti, fino a raggiungere la configurazione desiderata. Entro la fine del 1940, è stato impareggiabile l’utilizzo dei “cut-out” per vari progetti arti decorative, tra arazzi, disegni sciarpa, arazzi, tappeti, e disegni per la cappella domenicana a Vence.

 

    03 Jun 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

Note di jazz e pareti di carte nella Venezia di Emilio Vedova

Emilio Vedova Immagine del tempo (Sbarramento), 1951 Collezione Peggy Guggenheim, Venezia © Fondazione Emilio e Annabianca Vedova

Emilio Vedova Immagine del tempo (Sbarramento), 1951 Collezione Peggy Guggenheim, Venezia

Al Magazzino delle Sale di Venezia è stata inaugurata una mostra che esporrà oltre 200 disegni su carta inediti di Emilio Vedova, in occasione del decennale della sua scomparsa.
La mostra è curata da Germano Celant e Fabrizio Gazzarri, ed è interamente dedicata alle opere su carta che Vedova ha elaborato nel corso delle sue preparazioni su tela, grazie alla rassegna presentata dalla Fondazione Emilio e Annabianca Vedova. L’esposizione è stata modulata secondo i principi conservatori dell’artista, che volevano ricordare l’incidenza dei disegni sul suo operato artistico, nonché la derivazione scientifica data dai suoi studi.

Vedova Emilio dal ciclo lavagne, Salzburg

Vedova Emilio dal ciclo lavagne, Salzburg

Vedova parlava del disegno come di una tappa preparatoria ed anticipatrice dei dipinti, frapponendo il suo lavoro di “minuta” in termini contraddistinti, come il tempo e lo spazio, o la libertà e il dettame, facenti parte del suo pensiero futurista e della sua azione antinovecentesca.

La mostra metterà in sena più di 200 opere su carta derivanti dall’archivio della Fondazione, elicitante una quasi totalmente inedita parte d’esse; l’esposizione in atto comprenderà tutta la sezione cartacea del suo trascorso pittorico è stata suddivisa in due sezioni temporali: una prima parte che rivelerà i primi studi e le primissime creazioni autodidattiche nel suo periodo di “Corrente di vita giovanile” tra il 1935 e il 1940, elaborando la sua concezione e definizione del mondo.

Emilio Vedova - Venezia 2003

Emilio Vedova – Venezia 2003

 

Una seconda parte invece andrà a rappresentare le opere neo-futuriste della fine degli anni ’40, volutamente suggestive da un punto di vista politico, più sollecito al disagio sociale del dopoguerra, per arrivare alla presentazione degli ultimi lavori risalenti al 2005. La raccolta spazia fra le molte tecniche usate da Emilio Vedova nella costruzione del suo rendimento cartaceo, dagli inchiostri usati alla grafite, ai carboncini ed alla matita sanguigna. Il tutto contornato dalla maestosa città natale dell’artista.

Vedova Emilio - De America (1971) - Acquaforte su carta Goya : Brugherio - Asta Grafica ed Edizioni - III - Galleria Pananti - Casa d'Aste

Vedova Emilio – De America (1971) – Acquaforte su carta Goya: Brugherio – Asta Grafica ed Edizioni – III – Galleria Pananti

 

 Altro spazio espositivo della Fondazione è l’ex Studio Vedova, sui bordi delle sue amate Zattere alla Salute, dove ha lavorato dalla prima metà degli anni ’70 fino alla morte. Si tratta di ambienti dotati delle più moderne tecnologie per la conservazione e la fruibilità delle opere d’arte, caratteristiche oggi indispensabili in particolare per l’allestimento di materiali tanto delicati come i disegni, che nel suo caso testimoniano in modo esemplare il percorso creativo della sua produzione.

L’altro importante evento pensato dalla Fondazione Emilio Vedova è il ciclo di concerti «Euroamerica», a cura di Mario Messinis, al via il 15 luglio con il grande jazzista statunitense Chick Corea.Si parte dalla serie di dipinti degli anni ’70 «De America», esposta integralmente nel 2013 alla Galleria dello Scudo di Verona di Massimo Di Carlo, della quale la Fondazione Vedova ha ora realizzato un ampio volume (Skira) a cura di Germano Celant in collaborazione con Laura Lorenzoni: «la rassegna – spiega Messinis – proporrà momenti musicali del ‘900 dei due continenti ».

FONDAZIONE EMILIO E ANNABIANCA VEDOVA | PRESENTATO IL PROGRAMMA DI ATTIVITA' PER IL 2016 - Chick Corea IN CONERTO DAL 15 LUGLIO

FONDAZIONE EMILIO E ANNABIANCA VEDOVA | PRESENTATO IL PROGRAMMA DI ATTIVITA’ PER IL 2016 – Chick Corea IN CONERTO DAL 15 LUGLIO

Gli altri sei concerti dal 28 ottobre al 6 novembre, tra le note di grandi musicisti quali Debussy, Stockhausen e Boulez (per le modalità di accesso ai concerti, info a giugno su http://www.fondazionevedova.org/programma).

 

 

Le carte di Emilio Vedova in mostra al Magazzino delle Sale e presso la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova dal 29 maggio al 1 novembre 2016, per info e biglietti visitare il sito della fondazione http://www.fondazionevedova.org/informazioni/biglietti-e-prenotazioni.

    01 Jun 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

Studio del movimento secondo Giacomo Balla

G.Balla - Linee andamentali + successioni dinamiche. Volo di rondini, 1913. New York, MOMA

G.Balla – Linee andamentali + successioni dinamiche. Volo di rondini, 1913. New York, MOMA

La simultaneità e il dinamismo dei corpi erano per Giacomo Balla una fonte d’ispirazione e costante esercizio.
In particolar modo durante la sua adesione al futurismo si ritrovò a riflettere sul tema del movimento.

Giacomo Balla, STUDIO DI BALLERINI PER IL BAL TIC TAC, 1921

Giacomo Balla, STUDIO DI BALLERINI PER IL BAL TIC TAC, 1921

Ad egli importa il moto lineare dei corpi; il suo nuovo stile futurista e le creazioni che ne derivarono furono conseguenti a profondi studi analitici dello spazio cinetico, molti dei quali di stampo leonardesco e relativi alle sue teorie dinamiche culminanti nella raccolta della “Linea Andamentale”.

Giacomo Balla - Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912

Giacomo Balla – Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912

Come verità lampante basti prendere in esame “Volo di Rondini”, nel quale Balla circoscrive attorno a un unico punto di vista la velocità e la derivata variazione dell’andamento del corpo, che va in contrapposizione alla staticità dell’osservatore, del quale si muove soltanto la fantasia dietro il dilagante pennello.

Un’importante considerazione da farsi è che Balla dà così vita al movimento realizzando una sequenza a ripetizione dell’immagine, lavoro molto simile all’opera di A. G. Bragaglia (1890 – 1960) nel campo della fotodinamica rispetto all’ambito futurista nel quale si era addentrato.

Perciò l’interesse per la fotografia lo porterà a sviluppare dei tagli prospettici in scorcio.
Seguendo l’esame della Solomon R. Guggenheim Foundation riguardo all’opera di Balla “Mercurio transita davanti al Sole”, la quale affema che : “Il dipinto è la versione definitiva di numerosi studi fatti da Balla in seguito all’osservazione del transito di Mercurio davanti al sole del 7 Novembre 1914. L’evento è rappresentato nella parte centrale e superiore del dipinto, dove un piccolo punto, Mercurio, si trova vicino alla circonferenza di un grande cerchio, il Sole.

Balla, Mercurio passa davanti al sole visto da un cannocchiale, 1914

Balla, Mercurio passa davanti al sole visto da un cannocchiale, 1914

Il bagliore dei triangoli bianchi circostanti è dovuto all’abbaglio dell’occhio dell’artista nel momento in cui allontana lo sguardo dalle lenti. Il cono verde, che termina su Mercurio, potrebbe rappresentare il telescopio, mentre gli archi e i triangoli più scuri le lenti a fumè. Il movimento futurista può essere manipolato solo a seguito di una trasformazione cromatica.

Giacomo Balla - Vortice, Linea di velocità, matita su carta

Giacomo Balla – Vortice, Linea di velocità,
matita su carta

Nel Manifesto della pittura futurista dell’aprile del 1910 egli dichiara: << …le cose in movimentosi moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono”. Rendiamo omaggio al grande maestro del dinamismo, il cui lavoro sarà apprezzabile questo settembre in fiera a Lugano, con le sue elaborate opere su carta.

Balla – WorksOnPaperArt Lugano Fair 2016

    30 May 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

Klee e l’indagine della realtà

Paul Klee, La macchina cinguettante, 1922 olio e acquerello su carta con acquerello e inchiostro su cartoncino.

Paul Klee, La macchina cinguettante, 1922
olio e acquerello su carta con acquerello e inchiostro su cartoncino.

Nel saggio La confessione creatrice del 1920, Paul Klee scrisse: “Una volta si rappresentavano cose che si potevano osservare sulla terra, che si vedevano volentieri. Ora si manifesta la realtà delle cose visibili e con questo si esprime il fatto che ciò che è visibile, in rapporto all’universo, è solo un esempio isolato e che altre verità sono solo latenti e innumerevoli.

Le cose appaiono in senso lato e molteplice e spesso si contraddicono le esperienze razionali del passato. Si tende ad una decomposizione di ciò che è casuale.” Nelle sue opere Klee vuole rappresentare la realtà con una concezione astratta, come se le sue forme andassero a scomporsi per poi ritrovarsi attraverso il colore.Agli inizi del 1900 Peter, conobbe, durante un viaggio a Parigi, Robert Delaunay, pittore simultaneo-cubista, e alla scoperta delle sue ricerche sul colore e la luce ne fu estasiato e molto influenzato.

Paul Klee - Porta nel giardino (Gate in the Garden), 1926. Olio su cartone

Paul Klee – Porta nel giardino (Gate in the Garden), 1926.
Olio su cartone

 

 

Ancor più decisivo fu il suo soggiorno a Tunisi, a seguito del quale lo stesso Klee affermò di essersi pienamente impadronito del colore e iniziò a prediligere nelle proprie opere le tonalità calde, tipiche di questa area geografica. Nello stesso anno scrisse: “Questo è il momento più felice della mia vita….il colore e io siamo una cosa sola: sono pittore”.
Non a caso i suoi studi sul colore attingono alle teorie di Delacroix, Goethe, Kandinsky e Delaunay, dalle quali Klee prende le mosse per concentrarsi sul movimento in accordo con i colori. È chiara l’idea che il disegno costituisca il nucleo dell’espressione concettuale e che il colore ne sia l’anima irrazionale. Si arriva così alla definizione di “ ritmo circolare del colore”, o al concetto di “disco cromatico”, dove la circonferenza è divisa in sei segmenti che segnano le principali relazioni cromatiche.
Nei suoi Diari ci dice: “superfici formate da linee che entrano in rapporto vicendevole”, ed è proprio attraverso il colore che queste distanti linee si incontrano. A proposito della produzione grafica di Klee e della sua inesausta ricerca,  quale si manifesta anche attraverso la scelta dei supporti, che vanno dalla tradizionale tela alla carta di giornale, alla juta, a cartoncini di ogni qualità e spessore, occorre tener presente anche  la maggior parte dei suoi disegni che sono prodotti su tradizionali carte adattate al formato A4, mentre nelle opere tardive utilizzava prevalentemente una carta da lettere “telata” oltre a fogli di minuta e carte giapponesi che fin dai primi disegni ha utilizzato.

Paul Klee - Kindheit, 1938 Kleisterfarbe su carta su cartone, Berna - Zenztrum

Paul Klee – Kindheit, 1938
Kleisterfarbe su carta su cartone, Berna – Zenztrum

Per i suoi disegni Klee adoperò matite, penne ed inchiostri e dei Kleisferfarbe, lunghi pennelli intinti con colore nero, ma fra tutti gli strumenti a sua disposizione egli amava disegnare con le “Zulu”, delle particolari matite a carbone che come le “Pitt” lasciavano apparire un tratto più marcato. I disegni dell’ultimo Klee si contrappongono per autonomia ai suoi quadri, e lui stesso nota quanto si caratterizzino rispetto all’impronta cromatica vivente dei suoi dipinti, soprattutto per il largo uso del carboncino. Le linee non sono sottilmente snodate sul foglio, ma ne prendono decisamente il pieno possesso.

 

É arduo parlare di realtà nel caso di Klee: la sua pittura scaturisce dalla sua immaginazione come analisi del reale, dei sentimenti, delle sensazioni che gli presentano il grande quesito della sua presenza al mondo, immagini che prendono forma generando la pace della risolta confutazione interiore.

    26 May 2016   Artisti, Blog   Comments Off on Klee e l’indagine della realtà Leggi tutto
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