WopArt: “Buona la prima!”. Oltre 5000 visitatori per la prima edizione

Fortunato Depero (Fondo – 1960 Rovereto), Gianni e L’Armadillo, 1949, Tecnica mista su carta, cm 32 x 24 Courtesy by Silvano Lodi, Lugano

Fortunato Depero (Fondo – 1960 Rovereto), Gianni e L’Armadillo, 1949, Tecnica mista su carta, cm 32 x 24
Courtesy by Silvano Lodi, Lugano

Oltre 5.000 visitatori

alla fiera internazionale interamente dedicata alle opere d’arte su carta

“Buona la prima!”

È questo il commento che più si sentiva tra gli organizzatori, i galleristi e i visitatori al termine della prima edizione di Wopart, la fiera internazionale interamente dedicata alle opere d’arte su carta, organizzata da Lobo Swiss, che si è tenuta al Centro Esposizioni di Lugano dal 2 al 5 settembre 2016.

Il pubblico ha dimostrato il proprio interesse al nuovo e inconsueto format che ha proposto un affascinante excursus tra le varie epoche della storia dell’arte, approfondendo tecniche e linguaggi che caratterizzano i lavori esclusivamente realizzati su supporto cartaceo, dal disegno antico alla stampa moderna, dal libro d’artista alla fotografia d’autore, dall’acquerello e dalle stampe orientali alle carte di artisti contemporanei.

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Nei quattro giorni di apertura, sono state oltre 5.000 le persone che hanno premiato l’iniziativa, apprezzando la qualità proposta dagli stand delle 50 gallerie europee.

“Sono molto contento delle cifre di affluenza del pubblico” – ha dichiarato, in sede di bilancio, Luigi Belluzzi di Lobo Swiss. Ma ho apprezzato soprattutto la qualità dei visitatori, che è forse quello che più conta per una mostra-mercato come Wopart”.

“Infatti, nei quattro giorni di Wopart – prosegue Luigi Belluzzi – ho potuto incontrare molti importanti collezionisti, il che mi fa pensare che questo tipo di scelta territoriale è stata vincente”.

La soddisfazione degli organizzatori va di pari passo con quella dei galleristi che, nella quasi totalità, ha già confermato la propria presenza per l’edizione del 2017.

ANDY WARHOL NY 1986

A tal proposito sono già in corso gli incontri con la Città di Lugano, che ha patrocinato l’evento, per affinare gli aspetti logistici del prossimo appuntamento.

Molto lusinghiero è stato il riscontro del mercato, come quello della Imago Art Gallery (Londra/Lugano) con gli artisti Ilya ed Emilia Kabakov e Alessandro Busci, o di Silvano Lodi – Int Art Gallery (Lugano) che ha venduto una carta di Fortunato Depero, o ancora di Grossetti Arte (Milano) con Rodolfo Aricò e Tancredi Mangano, o dello Spazio Testoni (Bologna) con Alberto Zilocchi e di Lorenzo Mariani in arte “L’orMa”, o ancora di M77 Gallery (Milano/St.Moritz) con Luigi Pignatelli e Robert Fekete o di Romberg Photo (Latina) Giuseppe Ripa, le cui fotografie sono andate a fare parte di due collezioni tedesche.

La qualità degli espositori è stata garantita da un comitato scientifico presieduto da Giandomenico Di Marzio, giornalista, critico e curatore d’arte contemporanea e da Paolo Manazza, pittore e giornalista specializzato in economia dell’arte, che ha compreso anche storici e critici dell’arte e della fotografia, collezionisti, docenti universitari tra i più apprezzati, quali Michele Bonuomo, Marco Carminati, Gianluigi Colin, Massimo Di Carlo, Walter Guadagnini, Giuseppe Iannaccone, Piero Mascitti, Marco Meneguzzo, Anna Orlando, Elena Pontiggia, Massimo Pulini, Marco Riccòmini, Marco Vallora.

WOPART è stata organizzata da Lobo Swiss, col patrocinio della Città di Lugano e dell’Associazione dei fotografi professionisti e fotodesigner svizzeri (SBF) e con la Biennale del Disegno di Rimini, con la partecipazione di Visarte, e si avvale del sostegno di LGT Private Banking, di ARGOS Wealth Administration, di Eberhard & Co. e del contributo del main media partner La Lettura-Corriere della Sera, dei media partner ArtsLife, Corriere del Ticino, Giornale del Popolo, Tele Ticino, Radio 3i, Ticino News, Frattura Scomposta, AI Magazine, e degli sponsor tecnici BIG Broker Insurance Group – Ciaccio Arte, Bildung, Fondazione Maimeri, Lugano Airport, Kessel Concessionario Ufficiale Maserati e Melià Campione.

RAETZ FLOURISH Monica De Cardenas Galleria

Lugano, 6 settembre 2016

WOPART – Work on Paper Fair

Centro Esposizioni Lugano (via Campo Marzio)

2-5 settembre 2016

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Non solo dada. Le tante facce di Francis Picabia in mostra alla Kunsthaus di Zurigo

Francis Picabia Udnie (Young American Girl; Dance), 1913 Oil on canvas, 290 x 300 cm Centre Pompidou, Musée national d‘art moderne - Centre de création industrielle, Paris. Purchased by the State, 1948 © 2016 ProLitteris, Zurich

Francis Picabia
Udnie (Young American Girl; Dance), 1913
Oil on canvas, 290 x 300 cm
Centre Pompidou, Musée national d‘art moderne – Centre de création industrielle, Paris. Purchased by the State, 1948
© 2016 ProLitteris, Zurich

Una mostra monografica dedicata a Francis Picabia approfondisce la produzione multiforme dell’artista francese, che all’appartenenza a vita ad un singolo movimento artistico preferì la possibilità di sperimentare in autonomia

“La nostra testa è rotonda cosicché il pensiero possa cambiare direzione”: con un aforisma di Francis Picabia (Parigi 1879-1953) che tradisce un temperamento irrequieto e mutevole, la Kunsthaus di Zurigo titola l’ampia retrospettiva che – dallo scorso 3 giugno sino al 25 settembre – celebra l’artista francese e il centenario dell’avanguardia storica a cui il suo lavoro è tradizionalmente ricondotto: il Dadaismo. Nonostante – come l’esposizione mette ben in evidenza – Picabia fu sempre restio a lasciarsi inquadrare in uno solo dei tanti movimenti e circoli artistici che frequentò durante la sua esistenza.

Pochi sanno che Picabia esordì come pittore di stile impressionista. Erano gli anni dei suoi studi all’École des Arts Décoratifs di Parigi; i suoi quadri vendevano bene, ma Picabia si stancò presto di quella pittura che, ormai svuotata della sua carica sovversiva originaria, rasentava la decorazione. Così iniziò a familiarizzare con il Cubismo e nel 1913 decise di partire per New York, dove partecipò all’Armory Show e incontrò il fotografo e gallerista Alfred Stieglitz, che nello stesso anno gli dedica una mostra personale nella sua 291 Gallery. In Europa fa ritorno dopo la fine della Grande Guerra, nel 1916. Fu allora che divenne parte del movimento dada: ma anche questa fase della sua vita non durò a lungo, perché già nel 1921 Picabia lascia il Dadaismo per divergenze con gli altri esponenti.

Francis Picabia

Francis Picabia
Effect of Sunlight on the Banks of the Loing, Moret, 1905
Oil on canvas, 73.2 x 92.4 cm
Philadelphia Museum of Art. The Gertrude Schemm Binder Collection, 1951
© 2016 ProLitteris, Zürich

 

 

Negli anni Venti, come molti suoi colleghi, tra cui Picasso, Picabia attraversa quel periodo che è generalmente indicato come “ritorno all’ordine”, che si traduce in una pittura figurativa d’impianto classicista. In questi anni lavora anche come sceneggiatore, scenografo e costumista per la produzione del balletto Relâche e per il film Entr’acte, nel quale erano coinvolti anche Man Ray e Marcel Duchamp. Dagli anni Trenta sino alla sua morte, Picabia prosegue con le sperimentazioni, reinventa instancabile il suo linguaggio figurativo, ribadendo la sua indipendenza e la prerogativa di “cambiare direzione”.

Francis Picabia Jean Börlin and Edith von Bonsdorff in «Relâche», 1925 Gelatin silver print, 17.5 x 25 cm Dansmuseet - Museum Rolf de Maré, Stockholm © 2016 ProLitteris, Zurich

Francis Picabia
Jean Börlin and Edith von Bonsdorff in «Relâche», 1925
Gelatin silver print, 17.5 x 25 cm
Dansmuseet – Museum Rolf de Maré, Stockholm
© 2016 ProLitteris, Zurich

 

Francis Picabia

Francis Picabia
Mid-lent, 1925-1926
Oil and enamel paint on canvas, 100 x 81 cm
Jeff and Mei Sze Greene Collection
© 2016 ProLitteris, Zurich

 

Francis Picabia

Francis Picabia
Idyll, 1927
Oil and enamel paint on wood in an artist’s frame, 112.5 x 82.5 x 7.5 cm
Musée de Grenoble. Gift of Mr. Jacques Doucet, 1931
© 2016 ProLitteris, Zurich

 

Con la curatela di Cathérine Hug del museo svizzero e della curatrice del MoMA di New York Anne Umland, la retrospettiva alla Kunstahaus ripercorre ogni singola fase della carriera di Picabia, presentando, secondo un ordine prevalentemente cronologico, circa 200 opere, tra dipinti – dalle tele di stile impressionista ai noti quadri meccanomorfi – riviste d’avanguardia, esempi delle sue opere cinematografiche e teatrali e altri documenti che raccontano la poliedrica produzione di una delle più significative personalità artistiche della prima metà del Novecento.

Tra le opere in esposizione, anche una serie di tele che furono presentate in mostra nella galleria Dalmau, a Barcellona nel 1922, e per il cui catalogo André Breton scrisse la prefazione. La retrospettiva alla Kunsthaus è anche un’occasione per vedere riuniti, dopo quasi 70 anni, i tre Edtaonisl (ecclésiastique) dell’Art Institute of Chicago e Udnie, della collezione del Musée national d’art moderne di Parigi, realizzati poco dopo la visita dell’artista all’Armory Show ed esposti insieme al Salon d’Automne parigino nel 1913.

Dopo Zurigo, la mostra farà tappa al MoMA di New York, dal 20 novembre 2016 al 19 marzo 2017.

(Marta Pettinau)

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Informazioni utili

Our heads are round so our thoughts can change direction.
Francis Picabia. A retrospective
3 giugno – 25 settembre 2016
Kunsthaus Zürich
Heimplatz 1, CH-8001 Zurigo
www.kunsthaus.ch

    24 Aug 2016   Artisti, Blog   Comments Off on Non solo dada. Le tante facce di Francis Picabia in mostra alla Kunsthaus di Zurigo Leggi tutto

La geografia serve a fare la guerra? Mappe e arte in mostra a Treviso

« Claudii Ptolomei Cosmographie » libri VIII

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Il 5 novembre sarà inaugurata la mostra La geografia serve a fare la guerra? alla Fondazione Benetton negli spazi Bomben di Treviso e sarà possibile visitarla fino al 19 febbraio 2017.

Mappe, atlanti e opere d’arte racconteranno, attraverso tre percorsi strettamente legati e continuamente in dialogo, la grande forza comunicativa e persuasiva delle carte geografiche. Le mappe sono un potente mezzo di comunicazione non verbale e il contesto delle celebrazioni della Grande Guerra offre un valido pretesto per indagare sulla loro capacità di influenzare l’opinione pubblica quando assecondano il punto di vista degli Stati Maggiori. Per questo il percorso espositivo si concentra sul periodo storico che va dalla fine dell’Ottocento agli inizi del Novecento, ma parte dall’antichità e arriva ai giorni nostri per raccontare anche un’altra geografia possibile, non per forza asservita alle logiche militari.

Geographische Verbreitung der Menschen-Rassen, in HEINRICH BERGHAUS, Physikalischer Atlas, Gotha: Justus Perthes, 1848

Geographische Verbreitung der Menschen-Rassen, in HEINRICH BERGHAUS, Physikalischer Atlas, Gotha: Justus Perthes, 1848

La mostra si apre con la sezione Rocce e acque, in cui si vede come con un semplice e perentorio segno – il confine naturale – le mappe indurranno monti e fiumi a diventare strumenti capaci di separare e dare forma fisica a gruppi etnici, linguistici, nazioni per trasformarli da “espressione geografica” a Stati. La seconda sezione, Segni umani, si occuperà di raccontare l’uso del sapere geografico a fini propagandistici per trasmettere con forza l’idea di nazione ancora prima della sua ufficiale proclamazione politica.
La terza parte, Carte da guerra, porrà l’accento sulla coesistenza di due approcci culturali apparentemente inconciliabili, nel contesto della Prima guerra mondiale: simboli grafici per significare la smisurata industria bellica disseminata sul fronte del Piave, insieme a segni che testimoniano la presenza di migliaia di colombi viaggiatori che volando imprendibili ad alta quota e percorrendo grandi distanze in breve tempo, informano e trasmettono ordini.

Veduta d’Italia, in La Geografia a Colpo d'occhio, tav. XVI, Lit. Corbetta, Milano 1853

Veduta d’Italia, in La Geografia a Colpo d’occhio, tav. XVI, Lit. Corbetta, Milano 1853

 

Carta del Teatro della guerra Italo-Austriaca dono del “Fanfulla” ai suoi Abbonati, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1915

Carta del Teatro della guerra Italo-Austriaca dono del “Fanfulla” ai suoi Abbonati, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1915

In tutte le epoche le mappe, prodotti sociali e umani per eccellenza, hanno raccontato i luoghi anche attraverso i toponimi esercitando su di essi un potere a volte aggressivo. Specialmente quando hanno alterato la grafia originaria di nomi secolari o addirittura quando questi ultimi sono stati sostituiti da altri di nuovo conio per farli corrispondere ai più recenti dominatori: l’olandese Niew Amsterdam diventa l’inglese New York; la tedesca Karfreit muta nell’italiana Caporetto per divenire la slovena Kobarid; l’asburgica Sterzing diventa la romanizzata Vipiteno. O ancora per rispondere a impellenti urgenze sociali e dar voce a speranze territoriali prima inespresse: “Alto Adige”, “Venezia Tridentina”, “Venezia Giulia”, o semplicemente, nel caso di un fiume, cambiandone il genere.

Planisfero con bandiere, tappeto annodato a mano, area di produzione Afghanistan

Planisfero con bandiere, tappeto annodato a mano, area di produzione Afghanistan

Ma è proprio vero che La geografia serve a fare la guerra? Certo, senza geografia le guerre non sarebbero nemmeno immaginabili, ma a fare la guerra è sempre l’uomo che per raggiungere i suoi obiettivi è disposto a utilizzare tutti i saperi disponibili come quelli della fisica, della chimica, della geometria o della matematica.

Aerostieri del Genio con palloni frenati, Archivio del Museo dell’Arma del Genio, Roma

Aerostieri del Genio con palloni frenati, Archivio del Museo dell’Arma del Genio, Roma

Questa mostra parla anche di un’altra geografia possibile, una geografia necessaria per riflettere e agire sul mondo quando proviamo a osservarlo dall’alto sfogliando le pagine dell’atlante rinascimentale di Abramo Ortelio che adotta il medesimo punto di vista di Dio, o contemplando The Blue Marble, la prima fotografia del pianeta terra vista dall’obiettivo degli astronauti dell’Apollo 17.

STATO MAGGIORE ITALIANO, UFFICIO COLOMBOFILO, Il piccione è pronto per partire, III, Archivio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma

STATO MAGGIORE ITALIANO, UFFICIO COLOMBOFILO, Il piccione è pronto per partire, III, Archivio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma

L’allestimento che Fabrica propone è un viaggio esperienziale, alla scoperta delle diverse mappe geografiche e dei luoghi che le hanno ispirate, attraverso la creazione di ambienti che coinvolgono il pubblico a percorrerli, a interagire con essi. L’intero progetto della mostra si combina con gli spazi di Palazzo Bomben, ricco di affreschi e di storia, in un dialogo di reciproca valorizzazione.

 

L’esposizione si avvale della partnership di Fabrica, che ha curato l’allestimento e il progetto grafico, e della collaborazione e del patrocinio della Regione del Veneto-Assessorato alla cultura.

La geografia serve a fare la guerra? Representation of human beings
mostra della Fondazione Benetton Studi Ricerche
da domenica 6 novembre 2016 a domenica 19 febbraio 2017
martedì-venerdì 15-20, sabato e domenica 10-20
Treviso, Fondazione Benetton Studi Ricerche,via Cornarotta 7
www.fbsr.it
ingresso intero: 6 euro, ridotto: 5 euro, ridotto scuole: 4 euro

    22 Aug 2016   Artisti, Blog   Comments Off on La geografia serve a fare la guerra? Mappe e arte in mostra a Treviso Leggi tutto

La struggente dolce nostalgia di Zoran Music

Zoran Music, Motivo dalmata, 1952, olio su tela, 38 x 61 cm Courtesy FONDAZIONE GABRIELE E ANNA BRAGLIA, Photo copyright Roberto Pellegrini

Zoran Music, Motivo dalmata, 1952, olio su tela, 38 x 61 cm
Courtesy FONDAZIONE GABRIELE E ANNA BRAGLIA, Photo copyright Roberto Pellegrini

Zoran Music. Opere dalla Collezione Braglia

 

A fine settembre 2016, negli spazi espositivi della Fondazione Gabriele e Anna Braglia a Lugano, sarà inaugurata una mostra del pittore e incisore Zoran Music.

Uno dei protagonisti del secolo scorso, Music, di origine slovena, nasce nel 1909, in una Gorizia asburgica. Si forma all’Accademia di Belle Arti di Zagabria e viaggia, prima a Vienna, dove conosce Schiele, Kokoschka, Klimt e poi in Spagna, un soggiorno che gli consentirà di entrare in contatto con la pittura di Goya, El Greco e Velàsquez. Trascorre lunghi periodi sull’isola di Curzola in Dalmazia; e a Venezia, che sarà la sua città d’adozione, vivrà per molti anni, mentre a Parigi sarà consacrato alla fama.

Dal temperamento mite e solitario, Music viene rammentato come il pittore della memoria; rileggendo la sua biografia e la sua arte, appare in modo inconfondibile che questa sua vena, fra tutte, è la più fatalmente commovente.

Solo in punta di piedi ci si può accostare a Music, solo con delicatezza si possono cogliere i tratti salienti della sua personalità e l’atmosfera nella quale sono state concepite e vivono le sue opere. Avvicinarsi e comprendere Music, significa ripercorrere quelli che sono i momenti fondamentali della sua esistenza che si riverberano inesorabilmente nell’opera. Questi momenti sono legati ai luoghi e al felice periodo dell’infanzia, come i viaggi attraverso il Carso per raggiungere Trieste e poi in mare verso Capodistria dove trascorreva l’estate, drammaticamente interrotti dalle vicende belliche che travolsero l’Europa del secolo scorso. Ai primi anni della sua esistenza, si sono succedute le esperienze dell’esilio durante la Grande Guerra e, durante la Seconda Guerra Mondiale, di prigionia nel lager di Dachau. Nato e cresciuto ai piedi delle colline del Collio goriziano, in un limes di frontiera caratterizzato da molteplici etnie e idiomi, Music vide modificarsi repentinamente l’assetto geopolitico e culturale del suo luogo di origine e la formazione di un nuovo territorio a Est, in discontinuità con la tradizione mitteleuropea. Significative alcune delle sue ultime opere intitolate Il viandante che riflettono un’identità segnata dal dolore del distacco e da un essere senza dimora.

A Venezia, Music ritornerà a dipingere i soggetti amati, il Carso e la Dalmazia e gli Acquerelli veneziani, un periodo intenso che anticipa la sua maturità artistica. Ai temi del paesaggio brullo e scabro, delle contadine con i loro grandi parasole, dei mercati, degli asinelli e dei cavallini dalmati, che dipinge a memoria, il pittore rimarrà sempre intimamente legato. Questo legame si fonda sul pensiero quasi ossessivo per la sua terra e per i luoghi del suo passato. Come per incanto la sua creatività prende avvio dall’emozione suscitata dai paesaggio così come è impresso nella sua mente e come esso affiora nella sua coscienza per poi incarnarsi nell’opera.

Paesaggio senese, 1951, olio su tela, 49,5 x 72 cm Immagine tratta dal catalogo della mostra Music: Paesaggi dal 1951 al 1979, GALLERIA D’ARTE NICCOLI, Parma, 1987

Paesaggio senese, 1951, olio su tela, 49,5 x 72 cm
Immagine tratta dal catalogo della mostra Music: Paesaggi dal 1951 al 1979, GALLERIA D’ARTE NICCOLI, Parma, 1987

Il ricordo che sollecita Music in modo pungente si stratifica nella memoria e le consonanze nell’opera mettono il luce l’effettivo ritornare della sua languida fantasia, raccontando come la sua esistenza di nomade sia, in realtà, quella di un abbarbicato carsico. Diversi lavori, come ad esempio Motivi italiani, Colline senesi o i cumuli dei moribondi di Non siamo gli ultimi o ancora, i corpi abrasi delle opere tarde dei Ritratti, evocano l’arcaico paesaggio, o meglio, come Music diceva, “non il paesaggio, ma le origini”.

Solo in esse, forse, poteva cercare e trovare un dolce rimedio ai traumi subiti. In sintonia con la dimensione suggestiva nostalgica è anche la tecnica, fatta di pochi mezzi. Il colore steso a secco è assorbito dalla tela che ha ricevuto solo una tenue imprimitura. In superficie, in uno spazio senza tempo che amplifica l’evocazione, campeggiano effigi celestiali, apparentemente, lievemente sfumate.
L’artista, scegliendo di procedere eliminando eccessi che potrebbero turbare l’armonia della composizione, si allontana dalle “tinte forti cubiste” (Pier Paolo Pasolini, La Guinea) e utilizza un colore tenue e dalle tonalità leggermente rischiarate negli ocra, nei grigi, nei malva e nei neri che penetra nello sguardo facendoci afferrare quella stessa visione struggente melanconica che ispirava il pittore nell’istante che precedeva il suo foggiarsi sulla tela.

Percepire questa particolare condizione di misterioso accordo fra lo spirito e la mano che muoveva il pennello, consente di catturare momenti della sua “strada di ieri” (Rainer Maria Rilke, Prima Elegia), avvicinandoci ancora di più all’artista, fino quasi a toccare la sua anima.

“La strada di ieri” conduce anche a un’altra importante riflessione sull’uomo e sull’artista, al suo esistenzialismo e al suo curarsi in modo particolare dell’essere e degli accadimenti intorno a lui. La serie Non siamo gli ultimi è un soggetto autobiografico che nasce venticinque anni dopo la tragica prova vissuta a Dachau, l’esperienza che segnerà la svolta decisiva nell’opera del pittore: stilisticamente la privazione di fronzoli, mentre nella sostanza la conoscenza della verità. Music, dopo molti anni, ristabilisce un contatto con i morti del lager fino a restituire alla figura una possibilità, malgrado tutto, di sopravvivere e di riconquistare la forma umana che gli aguzzini avevano cancellato.

Questo passaggio è fondamentale per l’artista; Music esprimendosi si libera da un “corpo troppo pesante” (Jean Clair, L’angelo di Dachau, in Zoran Music, catalogo della Mostra, Galeries Nationales du Grand Palais, Parigi, 1995) e dalle miserie terrene per intraprendere un cammino che lascerà una traccia, più che mai attuale, che si rivela un “barlume per gli altri” (Georges Didi-Huberman, Come le lucciole. Una politica della sopravvivenze).

Nous ne sommes pas les derniers/ Non siamo gli ultimi / No somos los últimos / We are not the least, 1973, acrilico su tela, 200 x 267 cm, MUSEO NACIONAL CENTRO DE ARTE REINA SOFÍA, Madrid, Fotografía Joaquín Cortés/Román Lores

Nous ne sommes pas les derniers/ Non siamo gli ultimi / No somos los últimos / We are not the least, 1973, acrilico su tela, 200 x 267 cm, MUSEO NACIONAL CENTRO DE ARTE REINA SOFÍA, Madrid, Fotografía Joaquín Cortés/Román Lores

La raccolta di settanta opere della Collezione Braglia che potranno essere ammirate, comprende esempi di tematiche e tecniche, come dipinti a olio e acquerelli, disegni, pastelli e opere grafiche su carta, rappresentative della produzione artistica di Music. Accanto a diversi Motivi dalmati, Cavallini, Non siamo gli ultimi, Paesaggi rocciosi, Ritratti, saranno esposti anche una ventina di Acquerelli veneziani, eseguiti tra il 1946 e il 1949. In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo in collaborazione con la casa editrice tedesca Hirmer, a cura di Ute Eggeling & Michael Beck, con testi, tra gli altri, di Jean Clair, Kosme di Barañano, Marilena Pasquali e Flaminio Gualdoni.

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Informazioni utili:
ZORAN MUSIC. LA COLLEZIONE BRAGLIA
Fondazione Gabriele e Anna Braglia
29 settembre – 10 dicembre 2016
Lugano – Svizzera
Riva Antonio Caccia 6/A
orario: giovedì, venerdì e sabato 10:00 – 13:00 e 14:30 – 18:30

 

Viviana Vergerio Guerra

    19 Aug 2016   Artisti, Blog   Comments Off on La struggente dolce nostalgia di Zoran Music Leggi tutto

«Paesaggio» di Leonardo: nel 2019 per la prima volta esposto a Vinci

La prima opera datata (5 agosto 1473) di Leonardo da Vinci, tornerà per la prima volta nella terra d’origine dell’artista dopo oltre 500 anni dalla sua realizzazione. Paesaggio sarà esposto  nell’estate 2019 – in occasione del 500° anniversario della morte del genio – per cinque settimane a Vinci, la cittadina che a Leonardo diede i natali il 15 aprile 1452.

Leonardo-da-Vinci-Paesaggio-5-agosto-1473-Firenze-Gabinetto-Disegni-e-Stampe-degli-Uffizi-

Proveniente con ogni probabilità dal più antico fondo collezionistico mediceo, il foglio, ora custodito al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi, si ricongiungerà idealmente alle terre d’origine del maestro, il Valdarno inferiore, che ne sono state la fonte d’ispirazione.

“Il famoso Paesaggio degli Uffizi – sottolinea Eike Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi –, talmente celebrato da essere comunemente ricordato con il suo numero di inventario (8P recto), può considerarsi tra i primi paesaggi autonomi nel disegno occidentale, e costituisce la più precoce testimonianza grafica dell’artista. Con la data vergata in alto a sinistra, il prezioso foglio dichiara la sua appartenenza a una nuova stagione di Leonardo, da poco iscritto alla Compagnia dei pittori di Firenze, la Compagnia di San Luca: siamo agli inizi di una maturazione professionale che avrebbe coinciso più o meno con l’avvento di una nuova Età dell’Oro per la fioritura delle arti a Firenze, preannunciata nel 1469 dalla successione di Lorenzo de’ Medici a Piero di Cosimo. Tra le ricerche sviluppate allora dall’artista si segnala il rapporto tra figure e paesaggio, cui si accompagnava un’inclinazione verso l’illustrazione di brani paesaggistici dove si declinavano conoscenze della pittura nordica. Non è un caso che nel disegno inventariato ‘8P’ si ritrovino convenzioni rappresentative fiamminghe originalmente interpretate e parallele a quelle sviluppate negli stessi anni dai Pollaiuolo”.

“Nel Paesaggio – osserva Marzia Faietti, Curatrice del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi – Leonardo adottò un tracciato assai diversificato per conseguire una trascrizione insieme naturalistica e astratta del dato di natura. Nel disegnare le forme naturali, l’artista non si lasciò infatti sedurre dalle attrattive di una diligente perizia mimetica; viceversa, abbandonandosi al ritmo fluente della penna, evocò liberamente forme vedute dal vivo, rivisitandole a distanza e a memoria. Tale processo mnemonico si accompagnava al desiderio di richiamare le sensazioni provate a contatto con il paesaggio naturale, colto nell’attimo fugace di un momento della giornata. L’inedito tracciato lineare doveva infatti costruire le immagini della natura ricercando analogie sul piano formale e suscitando particolari percezioni visive e sensoriali”.

www.polomuseale.firenze.it

    19 Aug 2016   Artisti, Blog   Comments Off on «Paesaggio» di Leonardo: nel 2019 per la prima volta esposto a Vinci Leggi tutto

Li Hongbo: il lato scultoreo della carta

Li Hongbo, artista pechinese, restituisce il candore del marmo attraverso la carta. L’artista ha una formazione da scultore tradizionale che raggiunge un livello così alto nella fattura delle sue opere, da poter quasi far supporre che vi sia stato anche l’utilizzo di un artificio digitale.

Li Hongbo

Li Hongbo

L’elemento della carta non è mai stato estraneo a Li Hongbo che, prima di creare le sue sculture, per anni ha realizzato libri ispirati all’arte buddista su carta. Le sue sculture assumono un certo spessore e morbidezza grazie all’impiego di almeno 6 mila strati di carta.

La nascita dell’opera avviene mettendo insieme migliaia di fogli che sono incollati all’estremità.

Li Hongbo

Li Hongbo

Sono sculture che restituiscono un effetto di plasticità e leggerezza che va ben oltre gli esiti della statuaria tradizionale. Rifacendosi a volte a tecniche proprie della cultura cinese, come i giochi di carta e lanterne, l’artista spesso ripropone soggetti noti dell’arte internazionale come il busto del David di Michelangelo. Li Hongbo propone un’arte legata alla sua cultura ma allo stesso tempo imprevedibile: nel tempo la carta tende a deformarsi. Le sue opere fingono monumentalità e imponenza ma che in realtà sono fragili ed è il risultato di un lavoro meticoloso.

Li Hongbo , Rotation 2008

Li Hongbo , Rotation 2008

Li Hongbo

Li Hongbo

Li Hongbo

Li Hongbo

Li Hongbo

Li Hongbo

Li Hongbo, Klein Sun

Li Hongbo, Klein Sun

(Angela Maselli)

    29 Jul 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

Lutz & Guggisberg @Monica De Cardenas Zuoz

Lutz e Guggisberg sbarcano nella sede di Zuoz di Monica De Cardenas per tutta l’estate.

Come scienziati ossessivi o maniaci equilibrati I due artisti svizzeri analizzano la realtà mediante oggetti, sculture, costruzioni, installazioni, dipinti e video. Portano il loro sguardo curioso ed ironico in quelle caverne colme di ricchezze che sono i musei. I modi d’esposizione diventano modelli di mondi, dentro i quali le forme conosciute si intrecciano con nuove visioni.

 Lutz & Guggisberg Elephant Load, 2016, legno cm 59 x 24 x 14

Lutz & Guggisberg Elephant Load, 2016, legno cm 59 x 24 x 14

Dicono del loro lavoro: Vogliamo sempre ricostruire il mondo che è scoppiato…Offriamo alla gente ed al mercato piccole isole di salvataggio selvagge. Dove noi ci perdiamo, dimentichiamo, sogniamo. Siamo assolutamente perduti. Ci ritroviamo. Andiamo avanti! Installiamo paesaggi, tombe, salotti. Talvolta sono invenzioni abbastanza vicine alla realtà, bisogna dirlo…

Ogni loro opera gioca con la nostra memoria visiva, suscitando ricordi che innescano flussi di associazioni; al contempo le immagini restano misteriose e l’evoluzione delle storie è imprevedibile. I riferimenti provengono da campi diversi come la storia, l’etnologia, la geologia, la fauna, la science-fiction o la letteratura. La costruzione delle opere si basa sull’immaginario, lo humour, la derisione, il delirio, mentre la loro ricerca estetica, molto libera, si avvicina al laboratorio di sperimentazione o al gabinetto di curiosità.

In questa mostra dal titolo Family of Sculptures raggruppano sculture di tipologie diverse in un unico percorso, invitandoci ad una passeggiata attraverso la loro creatività multiforme: Lickstones sono create con materiali semplici come il gesso e le lacche, che dopo una lunga lavorazione diventano figure dolcemente arrotondate che ricordano le sculture moderniste di Hans Arp ma anche, ironicamente, le superfici dei computer Apple; Pallet Birds sono uccelli fatti di pezzi di legno carbonizzato, ognuno con un suo carattere peculiare; infine vi sono le opere composte da oggetti riciclati e souvenir assemblati densamente tra loro e poi parzialmente levigati, che sembrano strati di sedimentazioni del nostro tempo, oppure conglomerati di feticci provenienti da viaggi reali o immaginari. Presenteranno inoltre un’ installazione video che ruota intorno alla scultura The Holy Wood e narra la storia di questo oggetto misterioso, del suo ritrovamento e di come esso trasforma l’ambiente e le persone che lo circondano.

Negli ultimi anni Lutz e Guggisberg hanno presentato mostre personali in svariati musei, quali il Museum im Bellpark, Kriens nel 2014, il Centre d’Art Contemporain di Rennes e il MUDAM in Lussemburgo nel 2013, il Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam nel 2010, il Centre Culturel Suisse di Parigi nel 2009, il Kunsthaus Aarau e il Museo Folkwang di Essen nel 2008. Nel 2014 hanno partecipato alle collettive Gastspiel presso il museo etnografico Rietberg Museum di Zurigo e Telling Tales, Centre PasquArt, Biel/Bienne.

monica de cardenas2

Informazioni utili

Lutz & Guggisberg
Family of Sculptures
30 luglio – 3 settembre 2016
Orario: da martedì a sabato 15-19

Galleria Monica De Cardenas
Chesa Albertini
Via Maistra 41
Zuoz/St Moritz

    27 Jul 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

Le luci e i “riflessi sull’acqua” di Paul Signac accendono Lugano

Paul Signac a Lugano

P. Signac, Saint Tropez. Fontaine des Lices, 1895

Paul Signac (1863-1935) sbarca a Lugano con Riflessi sull’acqua. Dal 4 settembre all’8 gennaio 2017 al Museo d’arte della Svizzera Italiana una grande mostra dedicata al pittore francese farà luce sul percorso di uno dei più importanti artisti della metà dell’Ottocento, in linea con le finalità del MASI di Lugano: aprire una riflessione sugli sviluppi del linguaggio pittorico attraverso l’opera di artisti moderni e contemporanei.

Riflessi sull’acqua è a cura di Marina Ferretti Bocquillon, direttore scientifico del Musée des impressionnismes di Giverny e corresponsabile degli Archives Signac.

Paul Signac a Lugano

P. Signac, Saint-Briac. Les balises, 1890

L’evento riunisce oltre centoquaranta opere, fra dipinti, disegni, acquerelli e incisioni, appartenenti a un’eccezionale collezione d’arte, uno dei più importanti nuclei di opere dell’artista conservato in mani private.

La mostra offre un’esaustiva panoramica dell’evoluzione artistica del pittore ripercorrendo le fasi che hanno segnato i mutamenti della sua tecnica pittorica sin dagli esordi, in particolare dal decisivo incontro con Georges Seurat (1859-1891) grazie alle frequentazioni con alcuni esponenti del gruppo degli Impressionisti.

Signac diviene uno dei rari amici di Seurat e, insieme a Odilon Redon, i due artisti fondano la Société des artistes indépendants dando avvio l’anno seguente alla corrente del Neoimpressionismo. Sotto l’influenza di Seurat, Signac abbandona la breve e veloce pennellata impressionista per sperimentare il Pontillisme, con cui costruisce l’immagine attraverso piccoli tocchi di colore puro.

Grazie alla sua opera pittorica e ai suoi contributi teorici, Signac divenne una figura di riferimento per molti esponenti della generazione successiva di artisti attivi nell’ambito del Fauvismo o del Cubismo.

Paul Signac a Lugano

P.Signac, Saint-Cloud,1903.

Attraverso un percorso cronologico e tematico, la mostra rivela le molteplici sfaccettature di un uomo innamorato del colore. Le opere esposte documentano le diverse fasi dell’evoluzione artistica di Paul Signac: dai primi dipinti impressionisti fino agli ultimi acquerelli della serie dei Porti di Francia passando per gli anni eroici del neoimpressionismo, il fulgore di Saint-Tropez, le immagini scintillanti di Venezia, Rotterdam e Costantinopoli.

L’acquerello diventerà la tecnica prediletta da Signac, accompagnandolo nei suoi molteplici viaggi e permettendogli di lavorare all’aperto, apportando un senso di leggerezza e freschezza alle sue opere.

Informazioni utili

Paul Signac. Riflessi sull’acqua

04 settembre 2016 – 08 gennaio 2017
LAC Lugano Arte e Cultura
A cura di Marina Ferretti Bocquillon
Inaugurazione: sabato 3 settembre 2016, ore 17:00

Sedi espositive
> LAC
Piazza Luini 6, Lugano
> Palazzo Reali
Via Canova 10, Lugano

Museo d’arte della
Svizzera italiana, Lugano
+41 (0)58 866 42 30
info@masilugano.ch
www.masilugano.ch

    23 Jul 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

Lugano. And Now the Good News. Il giornale come mezzo e supporto artistico

Vik Muniz Jorge (dalla serie Pictures of Magazine) 2003 C-print 127 x 101,6 cm Collezione Annette e Peter Nobel

Vik Muniz, Jorge (dalla serie Pictures of Magazine), 2003. C-print, 127 x 101,6 cm. Collezione Annette e Peter Nobel

And Now the Good News”: un percorso espositivo con più di trecento opere – tra dipinti, disegni, fotografie e collage – provenienti dalla Collezione Annette e Peter Nobel, che indaga gli usi del giornale come mezzo e supporto artistico nel XX e XXI secolo. La mostra -al Museo d’arte della Svizzera italiana dal 29 maggio al 15 agosto 2016-  è a cura di Elio Schenini, curatore del MASI, e Christoph Doswald, curatore della Collezione Annette e Peter Nobel.

Dalla seconda metà dell’Ottocento, gli articoli e le immagini pubblicate sulla stampa scandiscono il ritmo della nostra quotidianità e definiscono il nostro rapporto con lo scorrere del tempo e con le vicende del mondo. Non è dunque un caso se il giornale, nell’intreccio sempre più inestricabile tra arte e vita che i movimenti artistici del primo Novecento hanno inaugurato, sia diventato uno dei soggetti privilegiati a partire dal quale gli artisti hanno interrogato e continuano a interrogare la realtà.

Petr Axenoff Princess Diana 2011 Fotografia a colori su tela 120 x 80 cm Collezione Annette e Peter Nobel

Petr Axenoff
Princess Diana
2011
Fotografia a colori su tela
120 x 80 cm
Collezione Annette e Peter Nobel

La mostra

Il percorso espositivo si snoda lungo due livelli del Museo, articolandosi in undici sezioni che seguono un ordine cronologico da inizio Novecento ad oggi.

L’allestimento è ritmato da tre grandi periodi che scandiscono la lettura dell’esposizione – la prima metà del Novecento, i decenni dal 1950 al 1980, gli anni dal 1980 ad oggi – introdotti, di volta in volta, da sezioni fotografiche che documentano la presenza e la diffusione della carta stampata nella quotidianità, evidenziando il ruolo fondamentale che la fotografia ha avuto nella storia dei rapporti tra arte e mass media.

Grazie all’ampiezza e alla varietà dei materiali e degli approcci inclusi nella raccolta dei coniugi Nobel, è stato possibile strutturare un percorso espositivo che segue un duplice movimento. Da un lato, vi è una ricapitolazione storica che a partire dai primi collage realizzati nell’ambito del Cubismo, del Dadaismo, del Costruttivismo e del Surrealismo giunge fino alle esperienze delle neoavanguardie degli anni Sessanta e Settanta; dall’altro, una campionatura del presente a partire da alcune tematiche specifiche attorno alle quali si concentra l’interesse degli artisti per il mondo dei media.

Gli artisti presenti nell’esposizione utilizzano la carta stampata come simbolo di una nuova modernità tecnica ed espressione di cambiamento continuo, basandosi sul concetto di news of the day – every day, ponendo la propria attenzione alla realtà quotidiana. Il giornale non è dunque percepito solo come strumento d’informazione, ma anche come supporto che ha ispirato tecniche e strategie artistiche come il frottage per i surrealisti e il collage per i cubisti.

Le sezioni dedicate all’arte più attuale costituiscono ulteriori dimostrazioni di come il confronto con i media sia per gli artisti il punto di partenza per indagare la realtà in cui viviamo, ampliando il discorso verso un ambito sociale e politico. In una realtà ormai totalmente filtrata dallo sguardo dei media, l’arte è infatti diventata il luogo in cui l’enorme flusso di immagini e informazioni che ci avvolgono vengono messe in discussione, criticate, analizzate e sovvertite.

Willem de Kooning Senza titolo 1970 Olio su carta da giornale su tela 57,2 x 74,5 cm Collezione Annette e Peter Nobel

Willem de Kooning
Senza titolo
1970
Olio su carta da giornale su tela
57,2 x 74,5 cm
Collezione Annette e Peter Nobel

In altro modo, la carta stampata può essere percepita come uno strumento d’inganno e di manipolazione delle coscienze come ricordano i lavori dei contemporanei Colby Brid, Kim Rugg, Zhang Dali, David Shrigley e Vedovamazzei che, tra ironia e denuncia, evidenziano il potere della stampa di dare forma al mondo. Nascono così nuovi stili di pittura e composizione visiva in cui intervento artistico e informazione si fondono diventando un tutt’uno, evidenziando talvolta il contenuto (del giornale), altre volte cancellandolo con forme o segni, come nelle opere di Williem de Kooning e Panos Tsagaris.

La mostra si chiude con una sezione dedicata al tempo, di cui la pagina del quotidiano del giorno sospesa a mezz’aria ne è iconica. Quest’opera di Roman Signer diventa così al contempo il punto conclusivo di questo racconto e l’inizio di uno nuovo, quello che ogni giorno milioni di persone cominciano leggendo le pagine di un giornale, augurandosi che possa essere finalmente il giorno delle good news.

Un racconto avvincente in cui si mescolano analisi sociale, riflessione esistenziale, critica politica, indagine filosofica e sovversione ironica, che offre al visitatore un’occasione unica per indagare le relazioni tra arte e media del nostro tempo, è la riflessione che “And Now the Good News” propone.

Le Corbusier Je rêvais 1963 Collage, carta da giornale, gouache su cartone 92,5 x 147,5 cm Collezione Annette e Peter Nobel

Le Corbusier
Je rêvais
1963
Collage, carta da giornale, gouache
su cartone
92,5 x 147,5 cm
Collezione Annette e Peter Nobel

Informazioni utili

And Now the Good News
Opere dalla Collezione Annette e Peter Nobel
29 maggio – 15 agosto 2016
LAC Lugano Arte e Cultura
A cura di Elio Schenini e Christoph Doswald

Sede
LAC Lugano Arte e Cultura
Piazza Bernardino Luini 6, 6901 Lugano
+41 (0)91 866 4230 | info@masilugano.ch
www.masilugano.ch
Orari
Martedì, mercoledì e domenica: 10:30 – 18:00
Giovedì, venerdì e sabato: 10:30 – 20:00
Lunedì chiuso
Ingresso
La collezione
Gratuito
Esposizioni temporanee
Intero: chf 15.- | chf 18.- biglietto combinato con Palazzo Reali (fino al 19 giugno)
Ridotto: chf 10.- | chf 12.- biglietto combinato con Palazzo Reali (fino al 19 giugno)
(AVS/AI, over 65 anni, gruppi, studenti 17-25 anni)
Gratuito: <16 anni e ogni prima domenica del mese

    20 Jul 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto

La rivincita delle opere su carta

Tradizionalmente il disegno su carta è considerato l’elemento necessario alla fase preparatoria di un’opera d’arte. Il supporto per eccellenza il cui vi è l’ultimazione dell’opera è la tela. Nel mercato solitamente il valore di un’opera su tela è nettamente maggiore rispetto ad un’opera su carta anche se pari nelle dimensioni e autore. Questo è dovuto al fatto che per la realizzazione del manufatto su tela, richiede un maggiore costo dei materiali e  dei tempi di ultimazione. Attualmente la superiorità della tela rispetto alla carta risulta essere ancora una costante nella maggioranza dei casi. L’eccezione che determina l’affermarsi dell’opera fatta su carta avviene nel momento in cui l’artista utilizza esclusivamente  questo materiale divenendo il tratto distintivo della sua produzione.

Christo, Floating Piers. Disegno 2014. 22,5 x 34,9 cm. Matita, carboncino e pastello. Foto: André Grossmann © 2014 Christo

Christo, Floating Piers. Disegno 2014. 22,5 x 34,9 cm. Matita, carboncino e pastello. Foto: André Grossmann © 2014 Christo

Un esempio è la produzione dei coniugi statunitensi Christo e Jeanne-Claude. I due utilizzano la carta come mezzo principale per le loro opere che siano ‘impacchettamenti’, collage o disegni.

Il valore della carta si evolve: da supporto minore in cui l’artista elabora le sue idee, a opera finale a cui si affida la trasmissione del messaggio artistico.

(Angela Maselli)

    10 Jul 2016   Artisti, Blog   0 Comment Leggi tutto
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